C’è chi si è fatto crescere la barba, chi ormai ha nell’armadio solo camicie rosse vintage a quadri, chi indossa prettamente occhiali alla John Lennon, skinny jeans e t-shirt bianca, dalle quali fuoriescono tatuaggi colorati. Bevono i loro drink nei vasetti di marmellata e partecipano alle feste organizzate generalmente in luoghi periferici.
Mantenendo vivo il perfetto contrasto tra vintage e tecnologia, il vero hipster non può fare a meno della sua bicicletta e dell’immancabile Iphone con cui condividere la propria vita sui social network. Ora però nella capitale britannica c’è chi li considera tutto tranne che alternativi, al punto da etichettarli come “modaioli” e ossessivamente attenti al guardaroba, il contrario di ciò che avrebbero voluto essere.
Chris Sanderson, "futurologo" e cofondatore dell’agenzia “The Future Laboratory“, pensa che “l’Hipster è morto nel momento in cui abbiamo iniziato a chiamarlo hipster”, inoltre “la parola stessa, non ha più lo stesso significato”. Quando infatti gli Hipster sono diventati un “fenomeno”, è venuto meno il loro tentativo di originalità.
“Esistono due tipi di hipster in circolazione», ha detto. «Quelli contemporanei, con le barbe che tanto odiamo, e i proto-hipster, quelli reali». Ma è difficile, se non impossibile, distinguerli. Il loro futuro? Per Sanderson ”si riesamineranno. Ci sarà una riflessione sugli skinny jeans. Prenderanno forza dei modelli femminili più forti, mentre gli uomini continueranno a sviluppare un look sempre più macho, fino a diventare quasi una caricatura, per rinforzare l’identità maschile diventata più debole in società”.
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